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Escavazioni ed incantamenti dal Duo Dillon- Torquati"
riflessioni sul cd
SCHUMANN – 2 cd Brilliant Classics 94060
( Lieder – Violin Sonata No.2 – Kinderszenen
Trascrizioni : Friedrich Grützmacher )
Francesco Dillon : Violoncello
Emanuele Torquati : Pianoforte
di Anna Laura Longo
Con estrema decantazione e vigili qualità intime si snoda, in forma di quasi camminamento,un acceso ed ampio flusso sonoro schumanniano . Ed è come un nuovo terreno quello che si profila mediante pagine conosciute di certo, ma rivissute e aperte in vesti nuove ( sulla base delle trascrizioni offerte da F. Grützmacher ), pronte a iniettare inattese varietà caleidoscopiche.
Un susseguirsi di fioriture, laddove il suono si fa frutto di escavazioni o di incantamenti, rilasciando ingredienti preziosi tali da coltivare l’ orecchio e più che altro porgere nuove domande.
Fibrillante o disteso il pianoforte dona estensione alle possibili aspettative, metamorficamente inteso ed ingentilito nel contatto densificante col violoncello.
Forti di un interscambio fragrante i due strumenti formano un vivo amalgama, pur mantenendo un assetto che non manca di essere bicolore, racchiudendo le individuali peculiarità.
La tradizione musicale non perde dunque tonicità e compattezza, colpisce anzi per la sua avvolgenza : resta affacciata sui nostri giorni porgendo ancora i suoi tocchi, i suoi benefici.
Musica, questa, su cui “ sostare”, calibratamente assorti, afferrando caute delicatezze o nuovi lampeggiamenti.
testo pubblicato su
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( dicembre 2010 )
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Le sorgenti vitali in Salvatore Sciarrino"
Considerazioni su NUIT ( cd edito da Stradivarius – STR 33835 )
Musiche di Salvatore Sciarrino e Maurice Ravel
Pianoforte : Ciro Longobardi
di Anna Laura Longo
Si rivela essere un prezioso scrigno, dalle ampie sfumature poetiche e programmatiche, questo vivo e cangiante cd, con Salvatore Sciarrino nelle vesti di ridefinitore instancabile del linguaggio sonoro, con funzione sempre rinnovatrice. Sicchè si agganciano stimoli a scintille di novità per chi si ponga in ascolto.
E la ricezione si prefigura essere anche una possibilità di ingresso nel profondo di una ricerca sfaccettata ed al contempo vibrante.
Una magica capsula, carica di strati e specificità è la macchina possente ( ma talora lieve ) del pianoforte, che si consegna in tutti i suoi spessori ed i suoi sommovimenti.
Il piacere ed il gusto per le risonanze trova accentuazione nella costruzione interpretativa di Ciro Longobardi, costruzione che non manca di essere immersione vitale, tale da produrre aggregati di aloni sonori e disegni di timbri riccamente cangianti.
Attualizzare l’ ascolto e far respirare un “ senso di linfa” sono adempimenti che richiedono una buona maestrìa, ma ancor più dei validi intenti poetici. Sono queste le principali consegne che ci raggiungono e attraggono.
Ed appare riuscito l’ affiancamento anche con le pagine fluide ed insieme spiraliche di Maurice Ravel, all’ insegna di un clima scopertamente notturno.
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( Novembre 2010 )
Granitica destrezza e suono nutrito in Curt Cacioppo
Compattezza e quadratura nel corpo, che si tiene fermamente bilanciato - alquanto immobile - dinanzi alla tastiera, mentre la mano, con gesto sicuro, può sfoderare la sua buona prensilità
ed un attacco sul tasto che rende il suono sempre innervato e presente.
Nell’ambito del Festival “ Nuovi Spazi Musicali 2010 “ (Villa Aurelia – Roma) Curt Cacioppo, in un itinerario integralmente odierno, ci ha offerto la sua accurata maestrìa addentrandosi in pagine di Arauco, Trythall, Porto, Piacentini, Kirchner, Cacioppo e Campodonico.
Composizioni che, racchiuse tra il 1980 ed il 2009, pur nella loro variegatezza, vengono consegnate all’ insegna di un maturo controllo : incede il programma con criteri quasi di argomentazione.
Espressività dunque dosata, coerentemente appoggiata al gesto pulito : chi resta in ascolto sembra non essere impoverito proprio in virtù di quel timbro granitico e scaltro.
Anche la pacatezza può diventare assertiva quando il suono è nutrito ed ancorato.
E’ convincente in definitiva questa adesione alla pagina musicale, in quanto appare autentica e veritiera, in grado di disegnare con lucida austerità le campiture interne di chi ne è protagonista.
E la musica giunge presso di noi nella sua interezza, vivamente stabilizzata.
NEGLI INTERSTIZI DEL TONO
lacerti di radicalità in Iannis Xenakis
Un esteso tracciato sonoro si è diramato lungo il festival ginevrino ARCHIPEL – Festival des Musiques d´ aujourd´hui ( 17-27 marzo 2011 )- dislocato dentro ampi margini contenenti una eclettica miscellanea di musiche accattivanti dell´ oggi, quell´ oggi che tanto preme sui nostri passi conoscitivi ed esperienziali, fornendo inviti ad entrare agili nel suo scabro e vivo " respiro".
Chi scrive porta così un rendiconto che è relativo al recital xenakiano " Hors temps " dove il violoncellista Arne Deforce, con sfaccettata e attenta presenza, ha lasciato emergere ed inverare i corto-circuiti interni ed i numerosi giochi di riflessi soggiacenti a Nomos Alpha e Kottos, gagliardamente concepiti negli anni 1966-77 ed intercalati a pagine di Hector Parra e Jonathan Harvey. Di ausilio il Centre Henri Pousseur per la realizzazione elettronica.
Nomos Alpha e Kottos si confermano essere fervidi blocchi, scalpitanti agglomerati per esperienze " nude " del suono, in cui si gonfiano ed espandono – grintosamente - i confini intervallari, promuovendo e suscitando una temperie che ancora oggi risulta essere sofisticatamente nuova.
Ciò che si chiede all´ uditore perentoriamente è di ACCETTARE il solco della differenza, per captare il flusso del momento magico, sempre pronto ad insorgere, a scaturire. Nella differenza – s´ intende – dei livelli di contatto proprio con il magma del suono, con la sua densa corrente.
Si chiede ancora di accendere tentativi di esplorazione per scoperchiare i nostri nessi abitudinari, così da aggiungere connotati di audacia e varchi di scoperta.
Una tale accettazione a priori discioglie – perlomeno riformula – la questione se siffatta musica sia percorribile o invece preclusa ( ed in quale misura ).
Negli interstizi del tono, segmentato in piccole scaglie per nuove misture, si sedimenta pertanto una carica di energia che è insieme morbida e dura. Ed ogni attacco sullo strumento può fornire o imporre una scia, una valida conseguenza, in termini di ombra o di luce.
Rimane chiara nella memoria la natura obliqua e fortemente striata (misteriosamente fuorviante ) di Xenakis, pensatore in musica e la sensazione di iniezione ( di austera purezza della struttura ) agganciata a pezzi e lacerti di radicalità.
Una radicalità che continua ad indurre a trasformarsi in scrutatori o persino abitatori di sempre nuove o rinnovabili " stanze " del suono, annusando o semplicemente vivendo la possibilità di sostare in una concezione altra di SPAZIO in musica e dunque di presenza. Se ne resta nutriti ed impregnati. E la forza è quella di un diverso e geometrico abbraccio.
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( Aprile 2011 )
STREPITOSAMENTE CURVA, BUIA E “ SCALZA
Esiti dalla XXIX Rassegna di Nuova Musica di Macerata
Strepitosamente curva, buia e “scalza” potrebbe esser definita la musica offerta e piacevolmente affondata nella cornice densa della XXIX Rassegna di Nuova Musica di Macerata 2011, la cui formulazione porta la firma di S. Scodanibbio . Nella fattispecie il riferimento è al concerto tenutosi nella serata del 29 marzo presso il Teatro Lauro Rossi della città.
Con procedimento a ritroso si riferirà intanto della sezione vivida di improvvisazione concertata, di cui sono stati lari e dispensatori il trombonista M. Svoboda ed i pianisti S. Schleiermacher e F. Ottaviucci.
Il pianoforte sceglie di aprirsi dunque in veste duale, in una compenetrazione gravida di echi e sorprese.
C’ è una buona vita dentro le numerose “ celle sonore” germinate e poi trasposte in quasi-anfratti di suoni e palpiti puri o rappresi. Una trama musicale all’ insegna di una ripida mobilità, con corroboranti “ colpi “di stasi . M. Svoboda - agilmente dotato di fruttuosa elasticità e lauto respiro- ci raggiunge in forma ampia ed eloquente.
Dei pianisti emerge in primis la proficua fame di abissi, nonché il vento di fermentazione interno di cui è buono nutrirsi. Risalendo in alto nel programma- excursus si raggiunge l’ area “ ossuta “ e costantemente elevata dedicata ad H. Lachenmann, mago di risonanze e di magnifici spessori ed enunciati in musica.
Spiace certo l’ assenza del compositore tedesco, che era atteso per fornirci la sua impronta pianistica in Wiegenmusik.
Con sottigliezza di tocco gli interpreti del mdi ensemble ( G. Casati, P. Casiraghi e L. Ieracitano ) seguiranno invece le variegate direttrici dell’ Allegro sostenuto.
Condensazioni e fremiti incalzano : non esistono varchi diretti – è risaputo – ma un’ idea fortemente contratta , un’ esigenza di catene di suoni e timbri protesi, a volte in forma di bulbi o protuberanze in una impervia cascata che non nega provvide escogitazioni o ingranaggi .
Un robusto sostegno va a chi una volta ancora è tornato a credere di poter raccogliere frutti dai tentativi estremi compiuti nel recente passato o nel semi- ombroso presente della ricerca musicale - compositiva, senza neutralizzare appunto, ma agevolando anzi quelle forme di transitività che ci rivelano o informano di una linea di specifico posizionamento.
Lungo l’ asse del tempo l’ arte strenuamente vive del suo compito plasmatore, ci cosparge e ci infonde una fertile turbativa , assetando talvolta gli orecchi di una nuova texture.
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( Maggio 2011 )
INUSITATI STRAPPI E LEVIGATEZZE IN DANIELE BRAVI
Fuoriesce da un saldo disegno, acquisendo presto la sua preminenza,attraverso un incipit “ muscolare”, in cui il suono viene addentato e repentinamente divelto nel trapasso all’ utile brezza di un arresto catturante.
Poco più di sei minuti di ieratica brevità per il Quartetto n. 2 in cui il compositore D. Bravi spartisce crude tensioni e largo onirismo : i due aspetti vengono anzi sintetizzati provocando fluide miscele.
Tra fermezza e sapida vigilanza incede magistralmente l’ esecuzione del Quartetto Arditti ( esecuzione imbandita anche presso il Teatro Malibran in occasione dell’ ultima Biennale di Venezia ) , Gli interpreti appaiono segnatamente intenti a permutare i segni e i modi della scrittura in risultati di timbri di egregia vivezza.
All’ insegna di una generosa mediazione, che mai imprigiona, ci rammenta invece come esista il succo di una scaturigine dietro ciascun suono o cellula.
Una consequenzialità di strappi e lasciti carezzevoli vengono situati all’ interno di una scattante struttura. Quest’ ultima vistosamente sospinge e ci focalizza nella zona-fulcro del centro ( vero sbocco gravitazionale ) dove si apre – attraente, scivolosa e sbieca – una scorribanda enfatica di urli di archi, che quasi annulla la divisione delle parti, traducendosi in una sorta di magmatico afflato. A seguire echi di profonde vallate .
L’ efficacia magnetica non si estingue , resta sorvegliata fino alle ultime tracce, con assetto tridimensionale, in grado di arrecare emozioni inedite.
Altrettanto impiantata, rivestita di chiara premura è la musica della Meditazione Quarta – Del Vero e del Falso - ( Ensemble Vide ) accostabile alla Meditazione Prima “ in eco “ ( Algoritmo Ensemble ) , In entrambi i casi con l’ impronta e la cura direttoriale di M. Angius.
Tende talora ad attenuarsi il tratto in zone di più lieve ed introspettiva temperie, alla ricerca sempre di una serica unicità , dal “ colore “ palpabile.
Intagliata nel legno è la musica in D. Bravi, munita di pregio, nella sospensione così come nel radicamento.
Con costanza tende a recarsi in territori di accensione e/o tumulto, per risvegliare e definire direzioni nette e decise. E’ vitale il soffio, è vitale il daimon della scrittura.
( Maggio 2011 )
Accensione di libertà e suoni volatili by Céleste Boursier Mougenot
( all’ Hangar Bicocca di Milano )
Numerosi fringuelli si rivelano essere generatori di suoni, attraverso il loro appoggio – fatto di fragrante ed inedita grazia – sopra un corpus di otto chitarre e quattro bassi elettrici connessi ad amplificatori.
Si prefigurano possibilità più che mai “ aperte” e inaudite di guizzi ed impasti di suoni : una evidente filiazione rispetto alle pratiche casuali dispensate ed approfondite nei decenni passati, attraverso uno stampo e una poetica nuova ( sollecitatrice ).
Arte che si dischiude, arte che si proietta verso l’ occhio-orecchio.
E’ attraversabile il luogo dal visitatore, che può inebriarsi del volo così come del cinguettìo intriso di artificiali filamenti sonori . E quel luogo è sommariamente cosparso di sabbia, arbusti ed elementi naturali disparati, rinvenuti nei dintorni dello spazio. From here to ear è il titolo affidato a quest’ opera - visitata sino a dicembre a Milano - forgiata dall’ artista francese Céleste Boursier Mougenot, per l’ Hangar Bicocca, con Andrea Lissoni in qualità di curatore.
Giunge in Italia tale lavoro dopo diverse tappe di rilievo, innanzitutto da Londra ( Barbican Art Center ).
C’ è un’ accensione di libertà dentro un tempo musicalmente snodabile : questo in definitiva il sunto ed il succo estraibile dall’ attraversamento fisico , visivo e uditivo di questa installazione sonora , che apporta una vera contiguità di sensazioni e non manca - paradossalmente - di offrire una possibilità di affondo contemplativo.
Anna Laura Longo ( Dicembre 2011 )
Vettori di danza al Festival Nutrimenti 2011_siamo fatti per questi tempi
Una delicata asciuttezza è presente nel pensiero - gesto di Valentina Parmiggiani, fluidamente intriso di un sapore più che conciso, che si fa - a tratti - sottilmente curvilineo. Compaiono movimenti come segni grafici iper-definiti ed estrinsecati con gentilezza pulita e con bontà di respiro interpretativo grazie alla performer Elisabetta Bonfà. Il contesto in cui si inserisce la performance che porta il titolo Senza è il Festival Nutrimenti 2011_siamo fatti per questi tempi, che già da qualche anno dinamizza i flussi culturali della città di Terni ( nella fattispecie dal 16 al 18 dicembre presso il Centro di Palmetta ) .
I diversi segmenti corporei, di volta in volta attivati, prontamente disvelano porzioni e blocchi di spazio attigui : dentro quelle porzioni di spazio trova posto e si innesta un gesto che consta spesso di accurata ripetitività. Può notarsi inoltre una sorta di elegante “ rivalità “ tra la motilità del corpo, per l’ appunto suddiviso nei suoi settori distinti e circoscritti e la staticità del volto – apparentemente disabitato -mentre invece quel volto si rivela peculiare in quanto contenitore di uno sguardo, che è deprivato.
Trattasi di privazione senza crudezza, che diviene persino risorsa.
“ La donna è non vedente, eppure procede calma e sicura, quasi sospesa nel sentire lo spazio che il suo corpo andrà ad occupare. La scena è ovattata, surreale, ma il suo andare rivela una umana fragilità.
Un viaggio in un mondo sconosciuto, mancante di qualcosa eppure ricco di qualcos’ altro, è un’ investigazione sulla disabilità di una donna e del suo universo intimo e sensoriale, che ci conduce alla scoperta di un nuovo equilibrio “.
Otto minuti circa di lucida allure e vivezza.
Anna Laura Longo ( Maggio 2011 )